Si lavora alacremente e la rena, ora chiara chiara, viene pettinata con un rastrellone a denti larghi, ricorda i pettinoni detti “afro” con cui mi sdipanavo i riccioli una trentina di anni fa.
Le tavole di legno della passerella vengono ridipinte e trattate con una vernice lucida che le rende color mogano, striato da venature più scure. Il contrasto con la rena chiara è bellissimo e mi verrebbe voglia di camminare scalza sulla vernice fresca per vedere la mia orma sporca di sabbia sulla vernice lucida; quasi carta vetrata fragile e sottile, rilucente al sole.
Il mare, laggiù, in fondo alla spiaggia, oggi era color verde cupo; una tavola liscia come l’olio. Lontano la Gorgona, più cupa del verde del mare.
Si lavora alacremente e questi giorni così attivi (martelli, pialle, rastrelli, pennelli, chiodi, operai, vernici, catrame) sono sicuramente per me più lievi dei giorni futuri quando tutto sarà pettinato, lustrato, apparecchiato, liscio, vetrinato.
Una volta adoravo l’estate. Ero sempre nera di sole, con i calcagni che parevano carta vetrata, più spessa di quella che lascerei ora come orma sulla passerella ridipinta. Le giornate erano lunghissime di ore eterne oziose al sole, umide di sudore, fragranti di odori e di umori.
Una volta, ma nemmeno poi moltissimi anni fa.
Mi bastavano un paio di calzoni leggeri, un paio di magliette, un pareo e gli zoccoli. I miei cenci colorati erano sufficienti a sistemarmi per le eventuali occasioni. E poi c’erano gli orecchini; tanti, tantissimi orecchini raccolti da sempre. Orecchini baracconi, colorati, lunghi, eccentrici, appariscenti. I fori alle orecchie furono la prima delle mie libertà desiderate e ottenute.
Beppe me ne portava sempre un paio o due dai suoi viaggi e quando li indossavo, sempre felice e riconoscente, li toccava con le dita leggere (aveva mani bellissime) e mi raccontava dove e come e con chi e quando li aveva comperati.
Racconti che ascoltavo spesso distratta, la voce profonda che come un mantra accompagnava il mio sfaccendare in quella casa grande e ariosa, così fresca in estate da parere una grotta ombrosa.
Scalza, con il pareo e gli orecchini, trascorrevo l’estate. Libera, il sole e i ricci scompigliati sulla testa.
Poi ho cominciato a legare i ricci e poi a tagliarli, sempre meno sole poi più nulla, i parei scoloriti nell’armadio. Il più bello l’anno scorso è diventato una tendina contro il sole, qui, nella nuova casina.E ho messo orecchini sempre più piccoli ché sulla pelle pallida quelli baracconi parevano senza senso.
Il figlio, tornando da un viaggio, mi ha portato un paio di orecchini, senza che chiedessi nulla. Non enormi, orientaleggianti. Amati.

Altre due paia di orecchini sono arrivate durante lo scorso anno: eccentrici e ricercati pur se con animo hippy.
Mi sto facendo ricrescere i capelli.
Domani guarderò dove sono i parei.